Adele Teodoro | Vademecum Gravidanza
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Da una mamma per tutte le mamme…

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Cosa sono i cromosomi.
I cromosomi sono organuli contenuti nelle cellule e sono portatori dei geni, cioè di quelle sostanze che si trasmettono dai genitori ai figli: i caratteri ereditari. Negli individui normali ciascun gene è presente in due esemplari (chiamati alleli), situati in una posizione ben precisa sui cromosomi. Individui con due alleli uguali sono chiamati omozigoti, mentre individui con due alleli diversi sono detti eterozigoti. Alterazioni della struttura dei cromosomi possono causare malattie. Alcune malattie si manifestano solo nei soggetti omozigoti (che hanno cioè entrambi gli alleli alterati), mentre gli eterozigoti non manifestano la malattia (portatori).

Cosa è la diagnosi prenatale.
La diagnosi prenatale consiste in un insieme di esami biochimici (prelievi di sangue) ed esami strumentali (amniocentesi, ecografia, etc.) che hanno lo scopo di confermare che il feto non sia affetto da malformazioni o malattie ereditarie evidenziabili con tali metodiche.

Indicazioni alla diagnosi prenatale.
Le indicazioni per la diagnosi prenatale rientrano in due grosse categorie:
1. Presenza di un rischio procreativo a priori:

  • età materna avanzata (uguale o superiore ai 35 anni)
  • genitore portatore eterozigote di anomalie cromosomiche strutturali
  • genitore portatore di geni modificati

2. Presenza di un rischio fetale evidenziato nel corso della gravidanza:

  • malformazioni evidenziate dall’esame ecografico
  • malattie infettive insorte in gravidanza
  • positività dei test biochimici (valutati sul sangue materno) per anomalie cromosomiche
  • familiarità per patologie genetiche

In cosa consiste la diagnosi prenatale.
I principi generali di un corretto programma diagnostico prenatale consistono in una serie di passi successivi:

  • identificazione delle coppie a rischio
  • diagnosi precisa della patologia in questione e consulenza genetica
  • valutazione della possibilità di diagnosi intrauterina scegliendo tra i metodi disponibili (prelievo dei villi coriali, amniocentesi, prelievo di sangue fetale, ecografia) in rapporto all’epoca gestazionale

Cos’è l’ecografia?
L’ecografia è una tecnica che consente di esaminare gli organi del nostro corpo con l’utilizzo di onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni non udibili dall’orecchio umano) che attraversano i tessuti. Ponendo il trasduttore dell’ecografo sull’addome di una donna in gravidanza, quando le onde sonore arrivano al feto, si creano echi che sono trasformati in immagini sul monitor dell’apparecchiatura. Con l’ecografia è, quindi, possibile osservare in modo dettagliato il feto dentro l’utero.

Cosa si vede con l’ecografia?
Nei primi due/tre mesi di gravidanza, la misurazione della lunghezza del feto consente di datare l’epoca di gravidanza. Ciò è utile quando le mestruazioni non sono regolari o se la gestante non ricorda esattamente la data dell’ultimo ciclo mestruale. Dalla fine del secondo mese si visualizzano l’attività pulsante del cuore, il numero dei feti ed i primi movimenti di questi. Il sesso del feto è evidenziabile dal quarto mese; la possibilità di definirlo dipende però dalla posizione fetale.

Valutazione degli organi interni del feto con l’ecografia.
Oltre alle strutture che vengono di solito misurate (testa, addome, femore) si possono visualizzare alcune strutture intracraniche, il cuore, lo stomaco, i reni, la vescica. Esami dettagliati degli organi vengono eseguiti solo quando vi sia un’indicazione specifica. La possibilità di rilevare un’anomalia dipende dalla dimensione di questa, dalla posizione del feto nell’utero, dalla quantità di liquido amniotico e dallo spessore della parete addominale materna e dall’epoca di gravidanza. Perciò alcune anomalie possono non essere evidenziate con l’esame ecografico o manifestarsi in epoche successive.

L’ecografia è innocua per il feto?
Con le procedure oggi adottate, l’uso diagnostico dell’ecografia è ritenuto esente da rischi.

Cos’è la doppler-flussimetria?
E’ la misurazione del flusso del sangue nel cordone ombelicale e nell’arteria uterina. Questi dati consentono di verificare il benessere fetale e che il sangue arrivi bene alla placenta.

Quanti esami ecografici è bene fare nel corso della gravidanza.
Nella gravidanza normalmente vengono eseguiti tre esami: verso la fine del primo trimestre durante il secondo trimestre (20-22 settimane) durante il terzo trimestre (30-34 settimane).

Ecografia 3D – 4D
L’ecografia 3D permette una ricostruzione tridimensionale de feto, anche in tempo reale (4D). Tali immagini, oltre ad essere estremamente suggestive per la madre e ad avere un impatto emotivo molto forte per i futuri genitori, permettono in alcuni casi di evidenziare patologie che l’ecografia tradizionale bidimensionale non è in grado di rilevare (alcuni difetti del labbro, difetti minori del tubo neurale). Tale esame richiede una posizione favorevole del feto e la presenza di una quantità adeguata di liquido amniotico, infatti non in tutti i casi è possibile ottenere delle immagini soddisfacenti. Richiede normalmente più tempo rispetto all’ecografia morfologica tradizionale e viene effettuato a richiesta della paziente.

Che cos’è l’Ultra-Screen?
E’ un esame prenatale non invasivo effetuabile durante il primo trimestre di gravidanza, in grado di evidenziare condizioni di rischio cromosomico del feto prima di procedere all’amiocentesi o alla villocentesi. La procedura è semplice e si basa su una ecografia ed un prelievo di sangue effettuati tra la 10° e la 13° settimana di gravidanza.

In cosa consiste?
Durante il controllo ecografico viene verificata la vitalità dell’embrione e l’assenza di gravi malformazioni. Viene quindi valutata l’epoca gestazionale e misurata la translucenza nucale, una zona evidenziabile ecograficamente compresa tra la cute e la colonna cervicale del feto. Maggiore è la misura di questo spazio, maggiore è il rischio di cromosomopatie. Nel campione di sangue, invece, si misura la quantità di due sostanze denominate Free-Beta HCG e PAPP-A (plasma proteina A associata alla gravidanza), che sono presenti in tutte le gravidanze. Nella maggioranza dei casi anomali queste sostanze sono presenti in quantità alterata. Il risultato del test biochimico viene combinato, attraverso un particolare software, con quello dell’esame ecografico per formulare il rischio specifico per la Sindrome di Down e la Trisomia 18.

La Sindrome di Down.
La Sindrome di Down è un disordine genetico che causa il ritardo mentale e difetti che interessano generalmente il cuore e l’apparato digerente. La malattia interessa circa 1 neonato su 800, anche se il progredire dell’età materna aumenta sensibilmente le probabilità di avere un bambino ammalato. Se la madre ha 30 anni, infatti, la probabilità è di 1/500, mentre diviene 1/55 a 40 anni. Nei casi in cui il rischio è elevato viene consigliata la diagnosi tramite il prelievo di villi coriali o l’amniocentesi.

La Trisomia 18.
La Trisomia 18 è un disordine genetico che causa un severo ritardo mentale e altri difetti congeniti. La maggior parte dei bambini affetti da Trisomia 18 non supera l’anno di vita; fortunatamente la malattia è molto rara e interessa un bambino su ogni 5.000 nati.

Cosa significa un Ultra-Screen positivo?
Non significa che il bambino è malato , ma solamente che la mamma rientra in una fascia di rischio uguale o superiore a quella di una donna che inizia una gravidanza dopo i 35 anni e che quindi può essere prudente sottoporsi a un’amniocentesi o ad un prelievo di villi per essere sicuri della normalità del bambino.

Quali sono i vantaggi dell’Ultra-Screen?
Il test si effettua in un’epoca gestazionale precoce, con possibilità di un’eventuale successiva diagnosi prenatale con villocentesi o amniocentesi. Il prelievo di sangue viene eseguito in maniera indolore con un ago da insulina. L’esame è in grado di individuare 9 casi di Sindrome di Down su 10 e una cospicua parte dei casi di Trisomia 18. E’ inoltre in grado di identificare molti altri tipi di anomalie dei cromosomi, di difetti genetici e di anomalie congenite.

Cosa significa un Ultra-Screen negativo?
La negatività dell’esame non può escludere completamente un difetto congenito; lo rende però estremamente improbabile.

Cos’è il multiscreen.
E’ un semplice esame del sangue, che si esegue tra la 15a la 18a settimana di gestazione, assieme ad un’accurata valutazione ecografica dell’epoca gestazionale.

Cosa valuta il multiscreen.
Con il multiscreen vengono dosati due ormoni: Beta HCG e alfafetoproteina. Consente di calcolare il rischio che corre quella donna in quella gravidanza di avere un figlio affetto da sindrome di Down, Trisomia 18 e da difetti del tubo neurale, ma non da altre malattie cromosomiche. L’esame non diagnostica con certezza la malattia, ma indica solo una maggiore o minore probabilità che essa sia presente nel feto.

Cosa fare in caso di positività.
Se la probabilità prima citata risulta elevata (rischio superiore a 1/380, ad esempio 1/200 etc.) verrà consigliato un esame molto preciso: l’amniocentesi.

Cos’è l’amniocentesi.
L’amniocentesi consiste nel prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico, all’interno del quale sono contenute alcune cellule di origine fetale. Su queste cellule è possibile svolgere l’analisi cromosomica prenatale, individuando così i difetti legati ad anomalie dei cromosomi (come la sindrome di Down o ‘mongolismo’).

Indicazioni più importanti ad eseguire un’amniocentesi.
L’amniocentesi viene consigliata per la ricerca di:

  • anomalie cromosomiche (nelle gravide di età superiore ai 35 anni e nelle gravide di ogni età, che abbiano avuto, loro o un loro familiare, uno o più figli portatori di anomalie cromosomiche)
  • malattie che compaiono solo in uno dei due sessi
  • malattie ereditarie indipendenti dal sesso del neonato
  • malformazioni della colonna vertebrale e del contenuto di essa (sistema nervoso centrale)

Quando si fa l’amniocentesi.
L’amniocentesi si esegue prima della 18a settimana di gestazione, preferibilmente tra la 15a e la 18a settimana.

Come si effettua l’amniocentesi.
Dopo aver valutato ecograficamente l’età gestazionale, il numero dei feti, la sede di inserzione della placenta ed il cordone ombelicale, si individua il punto più adatto per l’inserzione dell’ago. Si disinfetta accuratamente con soluzioni iodurate l’area cutanea prescelta. Si introduce un ago del diametro di 1-1,2 mm (20 Gauge) e lungo circa 12cm attraverso i vari piani cutaneo-muscolari fin nella cavità amniotica e si prelevano circa 20 cc di liquido amniotico.

Quali sono i rischi legati alla procedura.
I rischi dell’amniocentesi sembra siano piuttosto ridotti; in particolare vi è motivo di ritenere che sia non molto elevato il pericolo di provocare un aborto (0.5-1%), un’infezione del liquido amniotico, una perdita dello stesso. Si verifica, con una frequenza bassa ma non trascurabile, il passaggio di modeste quantità di emazie fetali nel circolo sanguigno materno, per tale motivo nelle gestanti Rh (D) negative va somministrata sistematicamente una dose standard di immunoglobuline anti-D al momento dell’amniocentesi.

Cos’è la villocentesi.
E’ una tecnica diagnostica che permette, come l’amniocentesi, di svolgere l’analisi cromosomica prenatale. Al posto del liquido amniotico viene prelevata una piccolissima quantità di villi coriali, cioè di placenta. Indicazioni più importanti ad eseguire una villocentesi. La villocentesi viene consigliata per la ricerca di:

  • anomalie cromosomiche (nelle gravide di età superiore ai 35 anni e nelle gravide di ogni età, che abbiano avuto, loro o un loro familiare, uno o più figli portatori di anomalie cromosomiche)
  • malattie che compaiono solo in uno dei due sessi
  • malattie ereditarie indipendenti dal sesso del neonato

Quando si fa la villocentesi.
La villocentesi si esegue a partire dalle 10-11 settimane di gestazione.

Come si effettua la villocentesi.
Dopo aver valutato ecograficamente l’età gestazionale, il numero dei feti, la sede di inserzione della placenta ed il cordone ombelicale, si individua il punto più adatto per l’inserzione dell’ago. Si disinfetta accuratamente con soluzioni iodurate l’area cutanea prescelta. Si introduce un ago da 22 Gauge attraverso i vari piani cutaneo-muscolari , sotto guida ecografica, verso il corion. Raggiunto il corion, la siringa viene posta in aspirazione al fine di prelevare 20-30 mg di tessuto coriale. Lo studio del cariotipo verrà effettuato direttamente sulle cellule del citotrofoblasto o sulle cellulemesenchimali del villo in coltura.

Quali sono i rischi legati alla procedura.
I rischi della villocentesi sembra siano piuttosto ridotti; in particolare vi è motivo di ritenere che sia non molto elevato il pericolo di provocare un aborto (1%). Si verifica, con una frequenza bassa ma non trascurabile, il passaggio di modeste quantità di emazie fetali nel circolo sanguigno materno, per tale motivo nelle gestanti Rh (D) negative va somministrata sistematicamente una dose standard di immunoglobuline anti-D al momento della villocentesi.

Quali sono i vantaggi della villocentesi rispetto all’amniocentesi.
Il vero vantaggio sta nel fatto che è praticabile già a partire dalla decima/dodicesima settimana di gestazione; inoltre permette di avere il risultato dell’analisi entro 7/10 giorni anziché dopo 20 giorni come succede di solito per l’amniocentesi. Ottenere una diagnosi precoce è molto utile nel caso si decida di ricorrere all’interruzione di gravidanza.

Gli esami di laboratorio sul sangue e sulle urine sono indispensabili per tenere sotto controllo la salute lungo tutto il corso della gravidanza. Questi esami sono contemplati in un decreto legge e vanno effettuati seguendo un calendario predefinito.

Emocromo:
analizza le caratteristiche e i valori delle varie componenti del sangue. Il volume dei globuli rossi identifica l’anemia mediterranea. La quota di emoglobina serve a smascherare un eventuale stato di anemia (i tipi di anemia possono essere diversi, così come possono essere diverse le cause che la provocano). In gravidanza la quantità di sangue in circolazione aumenta notevolmente e questo provoca un diverso equilibrio tra le parti che lo compongono, con conseguente diluizione del sangue.

Gruppo sanguigno e identificazione del fattore Rh:
se non si conosce già il proprio gruppo sanguigno, questo sarà richiesto all’inizio della gravidanza. Se il fattore Rh è negativo, va controllato quello paterno. Se questo è positivo, la madre deve eseguire ogni mese un esame del sangue, il test di Coombs indiretto, che valuta se la futura mamma ha maturato anticorpi nei confronti dell’Rh del feto.

Rubeo-test:
serve per controllare se si è immunizzate contro la rosolia. Questo esame va fatto immediatamente dopo la diagnosi di gravidanza se non è stato eseguito tra i controlli preconcezionali. Se il risultato è negativo il test va ripetuto almeno tre volte nell’arco della gravidanza.

Toxo-test:
serve per controllare se si è immunizzate contro la toxoplasmosi. Se il risultato è positivo vuol dire che si è immunizzate e non bisogna rifarlo. Se è negativo, è necessario ripeterlo ogni mese.

Reazione di Wasserman o V.D.R.L. :
sono esami che servono a individuare l’eventuale contagio da sifilide. La sifilide è una malattia a trasmissione sessuale più diffusa di quanto si pensi. I sintomi iniziali sono trascurabili, quindi è possibile averla senza saperlo. Se diagnosticata, la terapia antibiotica può, nel 90% dei casi, portare alla guarigione prima del quarto mese, prima cioè che si possano avere conseguenze sul feto (entro il quarto mese di gravidanza, la placenta rappresenta una barriera sufficiente).Se invece non viene curata può portare gravi conseguenze, a seconda dell’epoca di gravidanza in cui avviene il contagio (aborto spontaneo, parto prematuro, morte endouterina fetale, nascita di un bambino affetto da sifilide, a volte con gravi lesioni). In caso di sifilide, è indispensabile curare anche il partner sessuale per evitare il rischio di una reinfezione successiva.

HBsAg e anticorpi anti-HCV:
questi test servono per valutare se si è affetti da epatite B e/o C. Essere portatrici sane significa che, pur non avendo l’epatite, si ha però il virus nel sangue e quindi esiste, fra l’altro, la possibilità di trasmetterlo al bambino durante il parto o nel corso dell’allattamento. Per legge i neonati sono vaccinati contro l’epatite B a tre mesi, ma se la mamma risulta positiva al test il vaccino viene anticipato. Questi test si ripetono tra la 33° e la 37° settimana di gravidanza.

Test per la sieropositività all’Aids :
consiste nella ricerca nel sangue materno degli anticorpi contro l’HIV. L’Aids è una gravissima malattia di origine virale che porta alla progressiva distruzione delle difese naturali dell’organismo, rendendolo vulnerabile a tutte le infezioni. L’infezione può essere trasmessa per via sessuale o per contatto diretto con sangue infetto. L’unica altra forma possibile di contagio avviene tra madre e figlio durante la gravidanza e al momento del parto. Il contagio può avvenire anche se la madre è sieropositiva (cioè non è malata ma ha il virus nel sangue). Il test va ripetuto tra la 33° e la 37° settimana di gravidanza.

Sideremia e percetuale di trasferrina insatura:
permettono di individuare un’eventuale carenza di ferro (nell’organismo il ferro contenuto nei globuli rossi, ha la funzione di trasportare l’ossigeno). Tra i vari tipi di anemia, quella da carenza di ferro è una delle più frequenti in gravidanza. E’ necessario quindi fare questi esami fin dall’inizio della gravidanza e ripeterli successivamente se i primi risultati non sono del tutto soddisfacenti. Vanno comunque ripetuti all’ottavo mese di gravidanza, quando per l’aumentato fabbisogno, può essere necessario assumere ferro per bocca.

Azotemia e creatininemia :
sono gli esami che permettono di controllare il funzionamento dei reni. L’azoto e la creatinina sono prodotti di rifiuto dell’organismo che vengono filtrati ed eliminati dai reni. Durante la gravidanza, i reni devono adattarsi a depurare una quantità di sangue maggiore del solito; dalla loro capacità di adattarsi dipendono gli equilibri tra l’acqua e i sali minerali che vengono trattenuti nel sangue e quelli che vengono eliminati con l’urina.

Bilirubina e transaminasi:
servono a valutare il funzionamento del fegato. Il fegato non è uno degli organi più sollecitati in gravidanza, ma può dare qualche disturbo come, ad esempio, l’ittero da stasi caratterizzato da un’improvvisa colorazione gialla della pelle dovuta a una certa pigrizia del fegato a smaltire la bile.

Glicemia :
valuta la quantità di zuccheri presenti nel sangue. Il glucosio è uno zucchero e rappresenta il carburante del nostro organismo e in parte circola liberamente nel sangue come fonte immediata di energia, mentre il rimanente viene accumulato nel fegato come riserva. Capita che questo meccanismo di regolazione non funzioni correttamente e il glucosio nel sangue aumenta più del dovuto con la conseguenza che l’organismo ne rimane intossicato. Questo test permette di diagnosticare l’alterazione prima che questa si trasformi in una vera e propria malattia (diabete gestazionale).

Minicurva da carico:
è un test che permette di identificare con certezza la presenza o meno di un diabete gestazionale, ovvero di un’alterata utilizzazione degli zuccheri da parte dell’organismo materno. Va effettuata tra la 24° e la 28° settimana di gravidanza e consiste in due prelievi di sangue prima e dopo il consumo di 75 grammi di glucosio.

Quadro sieroproteico:
serve a valutare la quantità di proteine presenti nel sangue, la cui alterazione permette di mettere in evidenza eventuali malattie epatiche della madre o eccessive perdite di proteine con le urine che possono essere un sintomo di gestosi.

Esame completo delle urine:
con questo esame si possono ottenere numerose informazioni sia sulle malattie dell’apparato urinario che sullo stato dell’organismo in generale. Va effettuato entro la 13° settimana di gestazione e ripetuto con cadenza mensile. In modo particolare vengono valutate le concentrazioni di albumina, glucosio e leucociti. La presenza di albumina in tracce minime può dipendere da una momentanea modificazione della funzionalità renale. Se però è presente in quantità maggiori, questo dato può essere il campanello d’allarme della gestosi. La presenza di glucosio nelle urine deve essere tenuta sotto controllo per escludere il diabete. I leucociti, infine, dovrebbero essere presenti in minima quantità; in caso contrario sono segno di infezione dell’apparato urinario.

Tampone vagino-rettale:
consiste nel prelievo di un piccolo campione del secreto vaginale e dell’ultimo tratto dell’intestino da effettuare alla vigilia del parto e ha lo scopo di identificare l’eventuale presenza dello streptococco del gruppo B, un germe che può infettare in modo pericoloso il feto al momento del parto. Se il test è positivo, si ricorre a un antibiotico durante il travaglio per azzerare i rischi.

In gravidanza il corpo è più sensibile e delicato e quindi le norme igieniche fondamentali vanno rispettate scrupolosamente. Bagno e doccia saranno più frequenti data l’aumentata sudorazione, tuttavia i bagni devono essere brevi, l’acqua tiepida e vanno usati preferibilmente saponi a base di erbe naturali, meno aggressivi per la pelle. Indicati anche quelli neutri e le creme idratanti ma non i sali da bagno.

Denti
In gravidanza le carie sono più frequenti perché aumenta la formazione di placca dentaria. E’ importante lavare sempre bene i denti dopo ogni pasto ed evitare caramelle e dolciumi soprattutto se molto zuccherini. E’ consigliabile inoltre fare un controllo dal dentista all’inizio e verso la fine della gravidanza. Nel caso in cui si debba ricorrere alle cure del dentista, l’anestesia locale è assolutamente innocua sia per la gestante che per il feto; come unica precauzione è meglio avvisare il dentista dello stato di gravidanza in modo che scelga per l’anestesia il prodotto più adatto.

Capelli
Possono essere lavati anche spesso usando prodotti di origine vegetale e diluendo lo shampoo in poca acqua. Evitare le permanenti e le tinture forti perché tossiche e facilmente assorbibili attraverso il cuoio capelluto, dando la preferenza alle tinture ad acqua o agli shampoo colorati. Anche l’henneé, sia neutro che colorante, può essere trattato con sostanze chimiche nocive, a meno che non si tratti di quello assolutamente naturale. Per tingere i capelli di scuro si può usare il mallo di noce.

Pelle
Durante la gravidanza, la nuova situazione ormonale e circolatoria normalizza le pelli grasse, migliora l’acne e nel complesso rende la pelle più tesa e luminosa. Però la rende anche più sensibile, tanto che possono comparire intolleranze perfino ai prodotti abituali. Inoltre possono comparire smagliature a livello del ventre, del seno, dei fianchi, dei glutei e delle cosce. Alla formazione delle smagliature contribuisce anche la grande tensione a cui viene sottoposta la pelle e l’aumento di peso. Una volta comparse, è difficile farle sparire. Per prevenirle, bisogna evitare un aumento eccessivo di peso e mantenere la pelle del corpo idratata.

Depilazione
Vanno evitate le creme depilatorie (possono provocare allergie) e la ceretta a caldo perché può danneggiare i capillari ed esasperare i problemi di varici. Per le gambe è preferibile usare cerette a freddo o i depilatori elettrici a strappo.

Seno
Durante la gravidanza il seno raggiunge il suo pieno sviluppo. Esso risente delle grandi quantità di estrogeni e progesterone, prodotti in grande quantità dalla placenta, e della prolattina che favorisce la produzione del latte. Già alcune settimane dopo il concepimento si ha uno sviluppo della parte ghiandolare del seno che diventa più pieno e duro. L’areola e il capezzolo si scuriscono e diventano più eretti. Nel terzo trimestre il seno comincia a secernere una quantità più o meno abbondante di liquido giallastro, a volte denso, chiamato colostro (lo stesso che viene secreto in abbondanza nelle prime 48 ore dopo il parto per poi trasformarsi in latte). Se ci sono perdite di colostro è facile che si formino crosticine: per toglierle basta lavare spesso i capezzoli con acqua tiepida. In questo periodo è utile preparare i capezzoli massaggiandoli delicatamente con un asciugamano di spugna, applicando una crema specifica che, irrobustendo la pelle del capezzolo, aiuta prevenire le ragadi. Qualche settimana prima della data prevista per il parto conviene iniziare a spremere il colostro da entrambi i seni per qualche secondo per provocare l’apertura dei canali lattiferi e di conseguenza evitare l’ingorgo che a volte si può formare al momento della montata lattea. Se i capezzoli sono poco sporgenti o piatti, è necessario renderli progressivamente più prominenti: basta stimolarli con delicatezza prendendoli tra indice e pollice e tirarli con un movimento rotatorio, dolcemente per pochi secondi, finché non sporgono. Se rispondono alla stimolazione rientrando invece di erigersi, vuol dire che sono ombelicati. Possono essere corretti indossando negli ultimi mesi di gravidanza appositi dischetti paracapezzoli.

Macchie scure
Durante la gravidanza, possono comparire sulla pelle del viso delle macchie scure color caffelatte che formano una specie di maschera (cloasma gravidico). Dipendono dalla situazione ormonale e spariscono dopo il parto. Queste macchie vengono rese più evidenti dall’esposizione alla luce e al sole: è consigliabile proteggere sempre il viso con una crema o un fondotinta che filtri i raggi ultravioletti. Inoltre, durante questo periodo si può formare una linea scura che congiunge l’ombelico al pube (linea alba), che può persistere anche dopo il parto. E’ anche possibile che compaiono nuovi nei o che quelli già esistenti si scuriscano e si ingrandiscano. In caso di variazioni vistose va consultato il dermatologo.

L’alimentazione costituisce un aspetto importante della gravidanza dato che tutto ciò che la gestante assume con la dieta incide non solo sulla propria salute ma soprattutto su quella del nascituro. In una donna in buone condizioni di salute che affronti la gravidanza partendo da un peso appropriato, una corretta alimentazione dovrebbe portare, al termine della gravidanza, ad un incremento di peso di circa 9-12 Kg. Un eccessivo aumento di peso può provocare nel feto una macrosomia, con un peso alla nascita maggiore di 4 Kg, così come malattie nella madre, quali ipertensione arteriosa, gestosi e diabete gestazionale, oltre che un maggiore rischio di incorrere in un parto difficoltoso o in un parto cesareo.

Come nutrirsi

  • Mangiare pure i cibi che abitualmente preferite, ma variate la qualità e moderate le quantità.
  • Fate piccoli pasti, più frequenti del normale e ben distribuiti nella giornata

Cosa evitare

  • I cibi fritti ed i condimenti elaborati.
  • L’eccesso di dolci, cioccolato e caramelle, pane e pasta
  • I dolcificanti artificiali, le bibite gassate e zuccherate
  • I troppi caffè e/o thè
  • Il “mangiare per due” (la cosa peggiore che possiate fare a voi stesse ed al vostro “piccolo” nascituro).

Cosa preferire

  • Il latte o, se non lo digerite, yogurt e formaggi magri
  • Frutta e verdure crude (lavate bene)
  • Regolarmente la carne, alternata al pesce
  • Legumi

Integrazione alimentare
In gravidanza è importante seguire una sana alimentazione per assumere tutti i nutrienti indispensabili per un corretto accrescimento fetale. Inoltre, è consigliabile l’assunzione di preparati specifici, contenenti acido folico, una vitamina molto importante per la prevenzione di alcune malformazioni fetali e di altre complicanze gestazionali.

Diete Vegetariane
Le diete vegetariane, almeno durante la gravidanza, necessitano spesso di supplementazioni alimentari. Le vegetariane che si nutrono esclusivamente di vegetali, necessitano di supplementare la dieta con ferro, proteine e vitamine, in particolare la vitamina B12. Le vegetariane, invece, che si nutrono anche di latte e latticini, uova e pesce, non vanno, in genere incontro a deficit proteici, ma potrebbero necessitare di specifiche supplementazioni nella dieta.

Alcool
L’alcool va assolutamente limitato durante tutta la durata della gravidanza, in particolare durante il primo e il secondo mese di gestazione, epoca in cui nel feto avviene la formazione degli organi. Nelle bevitrici abituali si ha un elevato rischio di mettere alla luce un bambino con delle malformazioni, in particolare cranio- facciali, cardiache e di altri organi interni, inoltre di basso peso, che potranno evidenziare nell’infanzia ritardo mentale, turbe del sonno, difficoltà di alimentazione e ritardo nell’accrescimento. Un bicchiere di vino ai pasti è consentito, ma eccedere anche con birra, aperitivi e superalcolici, può risultare estremamente pericoloso.

Pesatevi regolarmente, almeno una volta la settimana, preferibilmente di mattino, digiune e svestite, e annotate il vostro peso. Ricordate che al termine della gravidanza l’aumento del vostro peso dovrà essere intorno al 13% del peso iniziale, con un incremento medio di 1 Kg al mese, ma sappiate che nel primo trimestre il normale sviluppo della gravidanza non richiede alcun aumento ponderale. Segnalate con tempestività al vostro medico un aumento di peso troppo rapido, ad esempio più di 1Kg in dieci giorni, soprattutto se accompagnato da mani e piedi gonfi.